mercoledì 13 marzo 2013

La sabbia, fra le mani.

Scavo nella sabbia umida, alla ricerca dei capelli, dei momenti e delle persone che ho perso.
Il dolore nei polpastrelli mi riporta alla realtà, e negli occhi spenti e vuoti, gli occhi bianchi e puri della mia mente non vedo che immagini riflesse, che non esistono, giochi di colori opachi, che io non comprendo;

sono così abituata a vedere le cose bianche e nere, anche gli alberi a primavera e i fiori nei campi estivi.

Vorrei che il sole mi bruciasse come fa col grano, che seccasse la mia pelle fino a romperla in mille pezzi come fa con la terra nella piena arsura estiva.

Vorrei che la luna e la terra si chiudessero a cerchio e mi inglobassero nella loro bellezza luminosa e triste, che quasi fa male tanto è grande. Vorrei che la mia bocca non riuscire più a parlare, cucita con fili di acciaio, senza proferire più parole di piombo.

Vorrei che ogni eccesso si trasformasse nel normale scorrere della vita quotidiana, come in un film, dove tutto è scandaloso.

Dove tutto è triste, dove tutto finisce, dove tutto è normale.