lunedì 14 gennaio 2013

E fuori ci sono le nuvole.

In mezzo a loro, si smarriscono i ricordi. Cerco incessantemente una maniera per riordinarli, ma il cielo è così variabile che compaiono e scompaiono continuamente.
C'è un modo per acchiappare le nuvole?
-Già, forse potrei fare loro una fotografia. Potrei immortalarle nella loro forma instabile, potrei bloccarne i movimenti con uno scatto. Ma succederebbe che, dopo lo scatto, loro si muoverebbero comunque.
[Già, se fermo l'orologio non fermo il tempo.]
Potrei provare a scriverne. A descriverne i movimenti, i colori, i giochi.
Ma come si scrive del cielo? Con quali parole?Basterebbero quelle che s'imparano a scuola, o sono necessarie nuove espressioni, nuovi giochi di parole, nuovi proverbi? Come si scrive dell'infinito?

Qualcuno ci ha provato una volta; ci proviamo continuamente, quando tentiamo di descrivere l'Amore, quando tentiamo di catalogare i sentimenti, quando cerchiamo d'inscatolare le emozioni, nostre e altrui.
Ma nel nostro cuore, sappiamo che non è così.
Sappiamo che le fotografie, le parole sono solo tentativi di inscrivere dentro di noi qualcosa che non vorremmo mai perdere,e che vorremmo conservare davanti ai nostri occhi come lo specchio ci restituisce la nostra immagine.

- Perchè in realtà, i ricordi sono già fotografie senza scatto, sono parole senza inchiostro.Ma ogni tentativo di materializzarli diventa inutile.

E' la sensazione che ci pervade sempre: quella secondo cui "sto provando qualcosa, ma non riesco a spiegarti come, quanto, perchè.

La sensazione umana di voler essere onnipotente ma di avere coscienza che questo è impossibile. E la continua tensione verso l'infinito, ci tiene in vita. E ci avvicina alla morte. Ma con coscienza, con coerenza, con complicità.