mercoledì 24 ottobre 2012

Giochi,giocatori,giocattoli.

Facciamo un gioco,dai.
Voglio giocare con te, giocando come tu giochi con me quando penso che tu non stia giocando.
Già, perchè questo gioco fa male; però è un gioco piacevole, quasi perverso il piacere che ne deriva, e lo capisco sai. Godi nel vedermi che sobbalzo nei tuoi maledetti giocattoli, te li scaglio contro ma tu semplicemente ti scansi.

-Allora,voglio essere io,ora, a giocare un pò con te. Da timida e introversa bambina, ti chiedo un pò della tua vena ludica.

Giochiamo a carte, noi: i cuori che perdiamo sono le nostre partite migliori.

Metamorfosi di una ragazza perbene.

Quanto basta per sentirsi alternativi.
Cosa serve, per potersi distinguere dall'immagine che all'esterno di noi viene creata a partire da ciò che, inconsciamente, realmente o illusoriamente, regaliamo all'ambiente di vita quotidiana?

I contorni che ci vengono disegnati ed incollati addosso [e dentro] riguardano i corrispettivi che noi paghiamo al mondo? Sono in realtà lo specchio dell'opposto di quello che siamo o sono la restituzione, la fotografia di quello che abbiamo infossato in noi e non vogliamo più tirare fuori?

E non potrebbero essere più semplicemente il ritratto di noi stessi?
E' così facile, a volte, essere tali quali quelli che siamo, che c'inventiamo la via più difficile e complessa per arrivarci; ovvero il fingerci qualcosa e qualcuno che non ci somiglia.

- E' un pò come la somiglianza fra padre e figlio; potrebbero essere davvero immense le similitudini ma mai l'uno sarà l'esatta persona rappresentata dall'altro, pur l'uno avendo generato l'altro.
E nemmeno noi siamo davvero padri dell'Idea che ci definisce, all'esterno;ci potremmo in realtà somigliare molto, ma senza nessuna pretesa di sovrapporci, nell'identificarci.